10 nov 2009

La fotografia di Bill Brandt

Con questo post inauguro una nuova categoria, quella dedicata alla storia della fotografia.
Inizio con uno dei fotografi più incisivi della prima metà del novecento.

Parlo di Bill Brandt.

© Bill Brandt Archive Ltd
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Testo seguente a cura di Rosa Maria Puglisi tratto da: "Lo Specchio incerto"


Tracciare un percorso certo della vita di Bill Brandt è piuttosto difficile: le fonti, cui si può attingere a tale scopo, sono copiose ma talora contraddittorie, poiché Brandt, da uomo schivo, pare abbia preferito lasciare in ombra se non addirittura modificare certi dettagli biografici.
Nasce ad Amburgo il 3 maggio del 1904. I suoi genitori sono benestanti: il padre discende da una famiglia inglese, la madre da una russa. Trascorre l’infanzia a Schleswig-Holstein. Ancora ragazzo si sposta in Svizzera: all’età di sedici (o di venti) anni, infatti, si ammala di tubercolosi, ed è ricoverato in un sanatorio a Davos.

© Bill Brandt Archive Ltd
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Dimesso fra il ’26 e il ’27, si trasferisce a Vienna, forse inseguendo l’idea di una cura psicoanalitica, forse soltanto per raggiungere uno dei suoi tre fratelli, Rolf, che là ha intrapreso la propria carriera di grafico; sarà questi a presentarlo alla dottoressa Eugenie Schwarzwald, noto personaggio dell’intellighenzia viennese, che spinge il giovane Bill a dedicarsi alla fotografia trovandogli un impiego presso lo studio dell’amica ritrattista Greta Kolliner.
Frequentando casa Schwarzwald, Brandt ha modo d’incontrare l’élite culturale del tempo, fra cui Ezra Pound, con l’aiuto del quale diventerà assistente nello studio di Man Ray a Parigi. Presso il celebre fotografo e artista rimane solo tre mesi, durante i quali non arricchisce il suo bagaglio professionale di nuove nozioni, ma riceve piuttosto un fortissimo impulso creativo. Comincia a lavorare come freelance.

© Bill Brandt Archive Ltd
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In Gran Bretagna mette piede per la prima volta solo nel ’31; dapprima per un breve viaggio, poi per stabilirsi definitivamente a Londra. Prenderà lezioni di dizione a lungo per nascondere il proprio accento tedesco, senza mai riuscirci del tutto.
Mosso da un interesse genuino verso il sociale, egli lavora intensamente per dare alle stampe un libro fotografico dal titolo "The English at Home", il quale, uscito per la prima volta nel ’35, urta la sensibilità britannica mostrando troppo esplicitamente le disparità di classe che la "Depressione" ha acuito. La mancanza di consenso è tale da farlo ritirare, ma la sua riedizione dopo un anno, in un mutato clima politico, fa del libro un trampolino di lancio per la carriera di Brandt.
Così nel 1938, Arts Métiers Graphiques pubblica subito sia in Gran Bretagna sia in Francia il suo "A night in London", che si preannuncia un sicuro successo, anche perché considerato come la versione inglese del volume di Brassaï "Paris by Night".
Frattanto Brandt ha già incontrato Tom Hopkinson e Stefan Lorant; entrambi impegnati politicamente, attraverso il loro lavoro editoriale con le riviste Lilliput, Picture Post e Weekly illustrated, costoro giudicano favorevolmente il lavoro del fotografo e gli affidano molti incarichi, che egli può svolgere in piena libertà artistica: nonostante le sue immagini contengano sempre qualcosa in più che la pura cronaca della realtà, diventa fotogiornalista. Le sue fotografie vengono pubblicate anche su Harper’s Bazaar.
Il suo impegno sociale è costante, e una nuova incisiva tappa nella sua denuncia del malessere di quel triste periodo, è rappresentata dalle fotografie che scatta agli abitanti del nord industriale dell’Inghilterra.

© Bill Brandt Archive Ltd
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La fotografia ha, in questo momento storico, lo scopo di una lotta contro il capitalismo fondato sulle sperequazioni di classe, e contro i condizionamenti repressivi della borghesia, tipica del pensiero surrealista. La protesta non è però portata sempre avanti con modalità plateali e manifestamente provocatorie, è bensì spesso sottile e pervasiva, nell'apparente innocenza degli accostamenti delle immagini come accade in Bill Brandt (Amburgo1904/ Londra1983) e nei suoi nudi, espressione di un nuovo modo di vedere. Sembra persa ogni possibilità di esistere, annientata sotto miraggi di cumuli di carbone. Sono anni di crisi profonda e la guerra è sempre più imminente. Guerra devastante, guerra che prevede anche la distruzione di obiettivi civili. E Londra è bombardata. Apprezzato per la sua attività di reporter, impegnato allo scoppio della seconda Guerra Mondiale, per conto del Ministero dell'informazione britannico, egli documenta la condizione dei londinesi durante il blackout ed all'interno dei rifugi approntati per far fronte ai raid aerei tedeschi. Ma di queste devastazioni Brandt fotografa solo i silenzi e i chiari di luna, una popolazione nascosta e unita nella notte, che aspetta la pace. Ancora una volta si tratta di immagini evocative, non descrittive: Brandt non racconta la guerra, la evoca.

© Bill Brandt Archive Ltd
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Poi il conflitto finisce e Brandt, come molti altri artisti di quel periodo, si allontana da quella società che in fin dei conti la guerra ha creato. Si auspica un ritorno a condizioni originarie, alla natura, all'uomo, alla terra… a luoghi e a tempi in cui la civiltà foriera di conflitti bellici ancora non era stata creata. Ne derivano le immagini di sapore neoromantico delle campagne inglesi, i luoghi delle sorelle Brönte, di Jane Austen, Thomas Hardy. Il paesaggio diventa espressione di sentimenti interiori. Le condizioni atmosferiche, come in epoca romantica, si fanno espressioni dell'anima.

© Bill Brandt Archive Ltd
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La fotografia è in lui risultato otticomeccanico della concezione spaziale prospettica occidentale. La prospettiva non solo è la componente fondamentale della fotografia, ma è irrimediabilmente data insieme alla fotografia. Non è un caso che Bill Brandt titoli la sua prima raccolta di nudi (1961) "Perspective of Nudes", perché proprio la prospettiva è il soggetto sotteso a ogni fotogramma. Usando obiettivi grandangolari molto spinti Brandt ritrae donne inquietanti, dai volti assenti e dai corpi allungati,esasperati. Donne mute, distanti sono rinchiuse in stanze opprimenti estremamente eloquenti che raccontano gli incubi e le paure del fotografo. Ricordano la stanza di Alice nel paese delle meraviglie ma nello stesso tempo evocano in maniera sottile il terrore e l'orrore di Bacon. Sono palcoscenici dell'inconscio in cui Brandt mette in scena se stesso, dove paura ed erotismo si confondono e Balthus lascia il posto a Hitchcock.
La guerra aveva precluso molti orizzonti, distrutto molti ideali; aveva isolato non solo le istituzioni culturali, ma anche la nazione coi suoi abitanti. Ecco dunque le stanze chiuse, emblema di un isolamento generalizzato. Non è forse un caso che con l'allontanarsi dello spettro della guerra, negli anni Cinquanta, inizino a profilarsi nuovi orizzonti, questa volta aperti, infiniti e illuminati da raggi di sole e di speranza che nelle stanze non erano mai penetrati. Si hanno i celebri nudi in esterno in cui frammenti di corpi femminili si confondono nel paesaggio, diventando tutt'uno con esso. La macchina fotografica inquadra sezioni di corpo trasformandole, rendendole "altro". Si creano nuovi paesaggi, paesaggi surreali, ibridi.
Il surrealismo brandtiano qui si fa dichiarato, esplicito. La fotografia di nudo coinvolgerà Brandt incessantemente per quindici anni, fotografando questi interni con una Kodak ad obiettivo grandangolare ed apertura piccola, l'artista reinventerà il nudo. È probabile che questa passione sia nata parallelamente al suo interesse per il cinematografo ed il fascino esercitato su di lui dal cinema surrealista. Sulla sua immaginazione agì profondamente una particolare esperienza cinematografica: quella di "Quarto potere" di Orson Welles. I sinistri ed avvolgenti interni, dove pareti, pavimenti, e soffitti si allontanavano via via dallo spettatore, spinsero Brand nella sua sperimentazione circa la fotografia d'interni.

© Bill Brandt Archive Ltd
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Più tardi per i suoi esperimenti di nudo Brandt si servì delle spiagge dell'Inghilterra meridionale e della Francia del nord. Per raggiungere effetti simili, apprese anche ad usare una Hasselblad con relativo bagaglio di obiettivi. Per queste fotografie sarebbe preferibile evitare il termine "distorsione", più adatti ai nudi realizzati da Andrè Kertesz con specchi deformanti.

© Bill Brandt Archive Ltd
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Negli ultimi anni di vita, affetto da lungo tempo da diabete, la sua salute è fragile. A causa di un glaucoma, la vista continua a peggiorare rendendogli sempre più difficile quel controllo delle proprie stampe, cui tiene da sempre ad occuparsi personalmente. Bill Brandt muore a Londra nel Dicembre del 1983, dopo una breve malattia, lasciando Noya, ultima delle tre mogli, dalle quali non ha avuto figli. Le sue ceneri vengono sparse a Holland Park, dove amava recarsi a passeggiare ogni giorno.

© Bill Brandt Archive Ltd
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